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Scenario - Legge elettorale

Scenario - Legge elettorale
Ieri (25/1/2017) la Corte Costituzionale si è espressa sulla costituzionalità dell’Italicum bocciando il doppio turno e l’opzione di scelta per chi è candidato in più di un collegio (si passerà al sorteggio). Oggi ci troviamo davanti alla seguente legge elettorale: alla Camera abbiamo una legge proporzionale con liste uniche corretta con un premio di maggioranza per la lista che eventualmente raggiunge il 40% con soglia di sbarramento al 3%, mentre al Senato vige il Consultellum sarebbe a dire un proporzionale puro con sbarramento al 3 (da soli) o all’8% (coalizione).

Secondo i sondaggi di oggi è altamente improbabile sia che qualcuno possa raggiungere il 40% dei consensi necessari per ottenere il premio di maggioranza alla Camera sia che un singolo partito possa avere il 50% +1 necessario per la maggioranza al Senato. In quest’ultimo caso è improbabile persino che la coalizione ad oggi più forte sulla carta (coalizione di governo più Forza Italia) possa raggiungere i numeri per la maggioranza al Senato. In buona sostanza se si votasse con questa legge, non solo il sistema politico obbligherebbe a coalizioni parlamentari, ma sarebbe anche a rischio la formazione di un qualsiasi governo, inclusi quelli di coalizione.

A chi può andare bene questa legge? Va bene al Movimento 5 Stelle che può bloccare il sistema impedendo la formazione di una qualsiasi maggioranza al Senato e alla Camera può puntare l’obiettivo (molto difficile ma non impossibile) di raggiungere in solitaria il 40% dei consensi ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera e, in questo caso, cercherebbe alleati al Senato (Lega, FdI). Potrebbe andare bene al Berlusconi proporzionalista degli ultimi tempi perché permetterebbe a Forza Italia di proteggere il proprio tesoretto di voti da spendere in un governo di coalizione. Insomma, lascerebbe al Cavaliere mani maggiormente libere. Un discorso simile può valere per la Lega Nord di Salvini la quale potrebbe capitalizzare i propri consensi in termini parlamentari e di continuare a flirtare con i 5 stelle. A destra, non è esclusa nemmeno una possibile lista unica (alla Camera) e coalizione (al Senato) per poi dividersi una volta arrivati al Parlamento (pratica storicamente piuttosto comune in Italia e soprattutto a destra).

A chi crea maggiori problemi? Per il Partito Democratico la proporzionalizzazione del sistema significherebbe rinunciare definitivamente al progetto renziano di governare da soli (o comunque senza alleanze a destra) e di sapere "la sera delle elezioni" il nome del premier. Inoltre, potrebbe aprire la strada ad una scissione a sinistra che i democratici potrebbero pagare caro nel momento in cui si deve formare un governo (il rischio armata brancaleone è molto concreto). Infine per una figura come Renzi, leader fino ad oggi molto divisivo, risulterebbe difficile tornare a Palazzo Chigi con una coalizione ancor più eterogenea di quella precedente. Insomma, un parlamento "giolittiano" se da un lato assicurerebbe al PD di essere il perno del sistema, sempre che non ci sia una escalation anti-establishment che proietti i 5 Stelle alla conquista del premio di maggioranza alla Camera, dall’altro lo costringerebbe ad una coalizione frammentata e molto faticosa da tenere in piedi (sempre ammesso che al Senato si possa formare una maggioranza).

Quali alternative? La proposta in campo prima della pronuncia della Corte era il ritorno al Mattarellum. Tuttavia, la quadra sul ritorno al maggioritario è difficile proprio per la grande frammentazione d’interessi in Parlamento e dentro gli stessi partiti. Il Movimento 5 Stelle sarebbe penalizzato ed è improbabile che possa collaborare su una proposta di questo genere. Berlusconi preferirebbe il proporzionale, come ha sempre chiaramente detto nel post-referendum, anche se un’opzione praticabile per Forza Italia potrebbe essere quella di un Mattarellum (75% maggioritario/25% proporzionale e coalizioni pre-elettorali) con una quota proporzionale aumentata (al 40 o 50%). Una proposta che potrebbe andare bene anche agli altri partiti di centrodestra, in particolare all’area governista della Lega (Maroni/Zaia) che si è sempre dichiarata disponibile a costruire una coalizione di centrodestra (magari preceduta dalle primarie) ed ha avversato l’isolazionismo populista di Matteo Salvini. Il Mattarellum era, inoltre, la proposta dei renziani per i quali sarebbe una soluzione maggiormente desiderabile rispetto alla legge lasciata in eredità dal giudizio della Consulta. Se una legge di questo genere andasse in porto grazie all’attuale maggioranza e al centrodestra sarebbe comunque difficile (a livello numerico) avere un vincitore a urne chiuse, ma potrebbe risolvere il problema della maggioranza mancante al Senato, qualora si formasse una coalizione in aula. Resterebbe, comunque, per la coalizione di centrodestra il problema dell’unità post-elettorale. Da ultimo, una trattativa sul Mattarellum modificato potrebbe fallire proprio perché non risolverebbe il problema della governabilità e questo potrebbe essere un incentivo per i partiti a mantenere, a questo punto, la legge elettorale modificata dalla Corte Costituzionale.

Quando si vota? C’è chi è pronto a giurare sul voto a giugno, ma non l’autore di questa newsletter. Primo perché Renzi dovrebbe trovare il modo di creare un incidente in Parlamento per far cadere un governo del Partito Democratico, con l’accordo di gran parte dei parlamentari del PD, nel giro di poche settimane. Secondo perché Mattarella si è sempre espresso in favore della stabilità (non dimentichiamo le scadenze internazionali) e non è detto che possa sciogliere le Camere se vi fosse una coalizione per governare qualche altro mese. Terzo perché molti parlamentari intendono maturare il diritto alla pensione che arriva a Settembre e, di conseguenza, potrebbe esserci un cospicuo numero di parlamentari pronti a rendersi "disponibili" e "responsabili" pur di non votare. Quarto, Forza Italia non vuole andare subito al voto perché entro il 2017 potrebbe arrivare la sentenza della Corte di Strasburgo che riabiliterebbe Berlusconi a candidarsi. E’ più probabile, ad oggi, che si arrivi a scadenza naturale della legislatura nel 2018.

Ricapitoliamo. Gli scenari possibili sembrano essere tre:

a) Si vota nel 2018 e con la legge elettorale uscita dalla Consulta. Probabilità: 40%

b) Si vota nel 2018 con un’altra legge elettorale (nei termini sopra illustrati). Probabilità: 40%

c) Si vota a Giugno 2017 con la legge elettorale della Consulta o con un’altra legge. Probabilità: 20%

Lorenzo Castellani
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