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Tecnocrazia, democrazia, InfoState

Tecnocrazia, democrazia, InfoState
Tecnocrazia, democrazia, InfoState: Khanna, Boston e Cassese.
Esiste una corrente di pensiero che rompe una retorica molto in voga nel mondo del pensiero per cui la trasformazione delle democrazie occidentali debba risolversi con più partecipazione diretta, più sovranità popolare, più assemblearismo. Parag Khanna, studioso della globalizzazione e advisor di importanti istituzioni e società multinazionali, sostiene in un recentissimo saggio intitolato Technocracy in America che la cura per la crisi di performance delle democrazie liberali non sia più elezioni ma più tecnocrazia. Ciò non significa istituire governi non elettivi, ma semplicemente rafforzare con le competenze la logica democratica migliorando le performance dei servizi pubblici senza appesantire le casse dell’erario. Un passaggio fondamentale per aumentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e rafforzare le realizzazione delle promesse politiche da parte di chi è chiamato a guidare una nazione. Infatti, il principale problema delle democrazie odierne risiede nel gap incolmabile tra aspettative dei cittadini e capacità dei governi nel soddisfarle. Secondo un sondaggio del World Values Survey in Europa e negli Stati Uniti dal 1946 a oggi la fiducia nella democrazia come forma di governo è passata da due terzi a un terzo, mentre la fiducia negli esperti è aumentata dal 32 al 49%. Khanna non si fa portatore di alcun credo anti-democratico ma guarda ad esempi virtuosi del mondo globale: la tecnocrazia competente e creativa di Singapore da un lato e la prospera democrazia Svizzera dall’altro. La selezione meritocratica della burocrazia effettuata dalla città-Stato asiatica, senza ricorrere a partigianerie politiche ma attraverso logiche simili a quelle del libero mercato, è la via per far funzionare meglio la democrazia, renderla operativa e pragmatica rispetto alle promesse delle campagne elettorali. Il sistema amministrativo di Singapore, al contrario di quanto si possa pensare, non vive isolato dal proprio popolo ma applica probabilmente la più avanzata forma di democrazia deliberativa al mondo. I burocrati-manager svolgono, infatti, vere e proprie ricerche di mercato sulle esigenze dei cittadini attraverso sondaggi d’opinione, dibattiti pubblici, valutazione di servizi e politiche pubbliche da parte degli utenti. Queste operazioni permettono agli amministratori di Singapore di accumulare dati e conoscenze sull’efficacia delle politiche decise dall’esecutivo e di correggere la rotta nel corso del tempo migliorando l’erogazione dei servizi senza gravare sulle tasche dei contribuenti. È stato costruito un sistema di tecnocrazia consultiva capace di integrare partecipazione del popolo ed efficacia amministrativa che si è sviluppato negli ultimi dieci anni, grazie anche all’aiuto delle nuove tecnologie, migliorando significativamente le performance dei servizi offerti. Le virtù della democrazia elvetica, invece, sono ben più note a noi italiani: competizione federale, referendum locali, direttorio per le decisioni collegiali di maggior peso per la Confederazione, capacità della pubblica amministrazione di essere lo snodo tra i desideri elettorali e la pragmatica realizzazione delle politiche. Tutto con una politica economica ordinata, controllo della spesa pubblica e pressione fiscale ridotta. Richiamando questi due esempi Khanna sostiene una tesi limpida: non si può rinunciare alla democrazia liberale, ma bisogna riparare il modello che abbiamo oggi con iniezioni di competenze e capacità di elaborare scenari, strategie e valutazioni delle politiche pubbliche. Il suffragio universale, e i politici eletti, non bastano più nell’era dell’Info-State, lo Stato postmoderno pervaso dall’informazione di massa. Il Leviatano 3.0, e i suoi vertici, dovranno decidere in breve se canalizzare il grande capitale dell’informazione per migliorare l’efficienza amministrativa e i risultati delle politiche o se annegare lasciando ai partiti, alla democrazia diretta e ai movimenti di protesta questo cumulo di dati, risorse e preferenze espresse dai cittadini. Se si vuole scegliere la prima strada, scrive Khanna, la democrazia dovrà essere temperata con la nuova tecnocrazia capace di controllare le implicazioni di lungo periodo delle decisioni politiche e offrire strumenti correttivi. Ciò significa che per i sistemi politici del futuro servirà molto di più l’edificazione di una buona governance rispetto ad un perenne esercizio democratico dei leader politici. Khanna non è l’unico a sostenere questa tesi, Jonathan Boston, docente a Wellington University, in un recente libro intitolato Governing for the Future sostiene la necessità di isolare alcune decisioni dalla politica democratica proprio per prevenire decisioni elettoralistiche e di breve periodo. Fare, dunque, quello che si è fatto con le banche centrali per quanto riguarda la gestione della moneta. Tematiche come sistema pensionistico, infrastrutture, ambiente, energia potrebbero essere sottratti alle volontà capricciose della politica (e dei referendum) per essere affidati a corpi non-elettivi di esperti capaci di condizionare le scelte politiche e la loro implementazione. Ciò non significa che gli esperti non eletti debbano fare le regole, ma che possano influenzarle. Di avviso simile è il giurista italiano Sabino Cassese che nel suo ultimo saggio La democrazia e i suoi limiti scrive "la democrazia è lo strumento del governo limitato. Da un lato, la sovranità popolare, su cui si fonda la democrazia, è un mezzo per limitare i poteri pubblici. Dall’altro, la stessa sovranità popolare non può penetrare ovunque, non è fonte di un potere illimitato" e a proposito degli esperti argomenta "l’area non rappresentativa, esprimendo competenze, incarna un bisogno sempre più sentito nelle società contemporanee: quello di correggere la scelta del popolo con quella dei competenti." La questione è chiara così come la direzione: l’autogestione proposta da alcuni movimenti di protesta e il parlamentarismo alimentato dai partiti tradizionali in molte democrazie europee potrebbero non funzionare o, comunque, non bastare sia per soddisfare i bisogni del cittadino democratico sia per gestire l’Info-State, lo Stato del terzo millennio.

Lorenzo Castellani
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